Il Layering (o regola della lasagna) per dare profondità ai nostri scatti
Torniamo alla carica con un nuovo articolo dedicato ad un altro elemento fondamentale della composizione fotografica: il layering.
Sebbene, in generale, si tratti di un argomento talmente ricco di sfaccettature da meritare molto più di qualche paragrafo, qui di seguito abbiamo cercato di riassumere tutte le informazioni utili sul tema per rendere il tuo approccio al mondo della fotografia il più chiaro, semplice e ambizioso possibile, senza mai dimenticare però che tanta pratica sarà il tuo miglior insegnamento!
Se, mano a mano che procedi nella lettura, inizi a percepire quella voglia irrefrenabile di prendere in mano una macchinetta e capire esattamente come funziona, ti consigliamo di dare uno sguardo anche al nostro corso base di fotografia Da zero a fotografo rivolto a chi, come te, aspira a molto di più di un semplice scatto con lo smartphone!
E se, invece, vai di fretta e non hai tempo di leggere questo articolo, guardati i nostri video Youtube su layering e focus. Non hai più scuse per rimandare!
La composizione fotografica: che cos’è?
Prima di iniziare a parlare del layering vero e proprio, è doveroso chiarire il concetto stesso di composizione fotografica.
Partiamo dalla citazione del grande fotografo statunitense Ansel Adams (se ancora non lo conosci, clicca sul collegamento per ammirarne i lavori), il quale ha affermato:
“Una foto non si scatta, si crea”
Ecco, quel processo di creazione è chiamato “composizione”.
Banalmente, si tratta dell’organizzazione degli elementi all’interno dell’immagine che decidiamo di fotografare.
Può sembrare un concetto, appunto, banale… se non si trattasse (ahimè!) di uno dei capisaldi della fotografia, un insieme di accorgimenti strettamente connessi tra loro volti alla ricerca dell’armonia e dello storytelling.
Eh sì, perché la fotografia è un’arte a tutti gli effetti, e a cosa serve l’arte se non ad emozionare raccontando una storia, in questo caso facendolo attraverso le immagini?
La bella notizia è che, cliccando su questo articolo sulla tecnica fotografica, troverai le nostre linee guida su come comporre una foto correttamente.
La brutta notizia invece?…Be’ devi arrivare alla fine dell’articolo per leggerla!
Finalmente parliamo di lasagne! Il layering
Come avrai capito, il layering (o regola della lasagna) non è che uno degli elementi della composizione fotografica, i quali, se ben bilanciati tra loro, fanno in modo che le tue foto funzionino davvero.
Come in una bella e succulenta lasagna, la foto ben composta avrà quindi una molteplicità di strati che le conferiscono profondità e completezza.
Chiaro? Non tanto vero? Tranquillo, lo sarà tra poco.
⚠ATTENZIONE: Se cerchi “layering” nei motori di ricerca, il primo risultato che appare fa riferimento a una delle attività di post-produzione fotografica. Non è quello di cui stiamo parlando qui.
Alla ricerca della tridimensionalità
Ovviamente fotografie e disegni sono rappresentazioni bidimensionali in quanto mancanti della terza dimensione spaziale, la profondità.
Gli essere umani riescono a cogliere la realtà in tutta la sua tridimensionalità grazie al fatto di avere due occhi. Questi lavorano separatamente catturando una stessa immagine da due diverse prospettive, il cervello la rielabora e sfrutta tutta la sua intelligenza per posizionarla nello spazio secondo lunghezza, larghezza e, appunto, profondità.
Per cui è evidente che c’è una “mancanza” strutturale nella fotografia: la fotocamera non può restituirci quella terza dimensione, e da qui la sensazione di “piattezza” davanti a molte foto.
Il soggetto, lo sfondo e qualunque cosa ci sia nel mezzo appaiono sullo stesso piano, come schiacciati insieme.
Se da un punto di vista fisico, quindi, una fotografia è bidimensionale per natura, il fotografo ha il compito di ambire a rappresentare la realtà quanto più fedelmente possibile.
Ed è qui che entra in gioco il layering.
Dall’inglese, il termine layer si traduce con “strato”. Possiamo, quindi, immaginare il layering come l’aggiunta di più strati alla nostra foto.
Quanti più strati riesci a catturare nella tua inquadratura, maggiore sarà la profondità e lo storytelling che offrirai al tuo spettatore, il quale diventerà attore grazie agli elementi che hai volutamente lasciato scoperti, utili a ricostruire il momento dello scatto.
Gli strati della lasagna
Gli strati per una lasagna perfetta sono tre: primo strato (o primo piano), secondo strato (o secondo piano) e sfondo.
Per questa volta lasciamo in cucina la mozzarella, dai
Notare che con primo e secondo strato facciamo riferimento all’ordine di apparizione degli oggetti inquadrati, rispetto alla loro posizione tra l’obiettivo e lo sfondo, e non al loro ordine gerarchico. Ciò vuol dire che un qualsiasi oggetto secondario per importanza può trovarsi anche in primissimo piano!
Tra tutti questi strati rimane comunque facile riconoscere il soggetto perché:
- è perfettamente a fuoco, qualunque sia lo strato in cui esso si posiziona;
- solitamente, segue la regola dei terzi;
- si utilizzano altre strategie, come le Leading Lines, per guidare lo sguardo nel posto giusto;
- o comunque il fotografo trova un altro modo per evidenziarlo all’interno della foto.
Basta inserire qualche dettaglio di contorno che dia maggiori informazioni sul contesto… e il gioco è fatto!
Guardiamo come esempio le foto che sto utilizzando nell’articolo, prese direttamente dal nostro account Instagram:
Come vedi ci sono quasi sempre diversi strati nelle nostre foto: l’immagine rimane bilanciata perché non tutto è a fuoco, solo il soggetto lo è, ma grazie a questo trucco la sensazione di profondità risulta simile all’esperienza reale, multi-dimensionale.
Contrariamente, aggiungere troppi strati alla foto solo per il gusto di farlo non si rivela una scelta vincente: ricordati di includere elementi di contorno solo se davvero utili al tuo storytelling.
A questo punto avrai capito che:
Il bravo fotografo non vuole scattare una foto.
Il bravo fotografo vuole che l’osservatore diventi parte della storia che sta raccontando.
E l’osservatore, dal canto suo, non si accontenta di essere un mero spettatore; egli prega l’artista di catapultarlo all’interno della scena per avvertirne gli odori, i rumori, per respirarne l’aria, percepirne la temperatura, le sensazioni, l’atmosfera.
E il modo migliore per regalargli tutto questo è far sì che possa vedere la scena fotografata così come la vedrebbero i suoi occhi: in tutto lo splendore della terza dimensione!
È così che una foto può definirsi riuscita.
Il focus e la profondità di campo
Abbiamo detto che affinché il soggetto possa godere dell’importanza che merita, deve necessariamente essere in risalto rispetto agli altri elementi che compongono l’immagine.
Il modo più semplice per farlo è mettendolo a fuoco e lasciando fuori fuoco tutti gli altri elementi.
L’occhio umano, infatti, viene attratto in primis dalla nitidezza, dai colori e dai contrasti delle figure; successivamente, osserva il resto dell’immagine.
Gli strati fuori fuoco conferiscono quel senso di velato mistero che stuzzica la curiosità dell’osservatore, lasciando carta bianca alla sua immaginazione.
Ti accorgerai che tutti gli elementi che si trovano alla stessa distanza del soggetto (punto focale) rispetto al sensore della macchina fotografica, risulteranno ben definiti perché sullo stesso piano focale. Ma non basta! Ti accorgerai che anche lo spazio leggermente avanti e indietro al piano focale risulterà a fuoco: in fotografia, questo spazio viene chiamato profondità di campo (PdC).
Tutto quello che rientra nella PdC è a fuoco, tutto il resto è fuori fuoco.
Sei tu a decidere quanta PdC conferire ai tuoi scatti. Infatti, puoi decidere di mettere a fuoco solo un elemento molto vicino (e lasciare tutto il resto fuori fuoco), come in questo ritratto.
Ma si può “stratificare” una foto solo utilizzando zone a fuoco e altre che non lo sono?
Assolutamente no.
La profondità in un’immagine può essere data da tanti elementi, tra cui la prospettiva – pensa ad esempio alle montagne, e a come il loro colore e la dimensione cambi a seconda di quanto siano lontane.
Guarda ad esempio la foto sotto. Tutto il paesaggio è a fuoco, eppure l’immagine è più tridimensionale che mai.
Il soggetto è la scena stessa in questo caso, l’insieme degli elementi. Gli strati sono tutti importanti, e quindi tutti a fuoco.
Come vedi, è anche possibile scattare foto con la tecnica del layering in cui tutto è completamente a fuoco! La tecnica di messa a fuoco che permette questo tipo di controllo della scena viene chiamata “iperfocale”.
Dagli esempi qui sopra, puoi facilmente dedurre che:
Minore è la distanza tra il soggetto a fuoco e la fotocamera, minore è la PdC;
Maggiore è la distanza tra il soggetto a fuoco e la fotocamera, maggiore è la PdC;
Senza andare nel vivo della tecnica (che merita un articolo a parte), possiamo concludere che la PdC, e quindi il focus di un’immagine e gli strati che compongono lo scatto, sono tutti fattori strettamente legati alla creatività del fotografo.
Sta a te decidere cosa raccontare.
Scattando si impara
Come promesso, eccoci alla brutta notizia. Più che altro si tratta di un’amara verità: tutto quello che ti ho accuratamente spiegato non costituisce un insieme di regole fisse, affatto. Meglio chiamarle linee guida.
Sai perché?
Per quanto tempo tu possa passare “sopra i libri” a studiare, la migliore scuola sarà sempre la pratica. Hai bisogno di sbagliare tante volte per capire come e dove migliorarti.
Pensa che il grande maestro Henri Cartier-Bresson sosteneva che le prime 10’000 foto che vengono scattate da un (aspirante) fotografo sono le peggiori!
Devi afferrare la tua dolce metà (ovvero la macchina fotografica, cosa credevi? )) ed uscire. Esci di casa, inizia ad esplorare il mondo e guardalo come non l’avevi mai guardato prima attraverso la lente della tua fotocamera…
Chinati, sdraiati, rotolati a terra, cambia prospettiva.
Salta, avvicinati, allontanati e poi avvicinati di nuovo.
Attendi, immagina, sbuffa, scatta, scatta ancora, stancati. Ma non stancarti mai di fotografare.
Senza rendertene conto, verrai investito di un compito molto importante: raccontare il mondo, permettendo a tutti di farlo tramite le foto che tu hai scelto di scattare.
In base al soggetto che sceglierai e all’azione che quest’ultimo starà compiendo, al luogo e all’ora in cui deciderai di scattare, ai colori che deciderai di catturare, alla vicinanza o alla lontananza che manterrai, le tue foto trasmetteranno sensazioni ed emozioni diverse, più o meno forti.
Il bravo fotografo ha imparato a osservare la realtà, a immaginare la scena perfetta, a pazientare fintantoché non si presenta l’attimo da cogliere. Gli basta un click per immortalare tutti i suoi sentimenti, per sempre.
Cosa ne pensi? Sei pronto a fare lo stesso?
Se vuoi raccontamelo nei commenti!
Un abbraccio,
Elisa